Aci e Galatea
La Leggenda
La storia di Acireale affonda le radici nel mito dell'amore sfortunato di Aci e Galatea, cantato da Virgilio e Ovidio. Di Galatea, figlia del dio marino Nereo, si era invaghita Polifemo figlio del potente Poseidone. Il ricco ciclope mandò un giorno un satiro a chiedere la mano della candida nereide, ma la ninfa dovette allora confessare il suo profondo amore per il pastorello Aci. L'ira di Polifemo fece tremare il monte: accecato di gelosia prese un masso e lo scagliò addosso al bel pastorello.
Così Galatea, appresa la notizia,
accorse dove era il corpo di Aci.
Il pianto senza fine di Galatea destò la compassione degli dei che vollero attenuare il tormento trasformando
Aci in fiume che secondo una tradizione sfocia in una spiaggetta del mar jonio, attraversando il sottosuolo del Duomo di Acireale.
Il mito personifica poeticamente
l'infuriare periodico dell'Etna (la violenza di Polifemo), la spuma del
mare (il candore della pelle di Galatea, il cui nome significa infatti
"come latte bianca") e il fiume Aci (il pastorello innamorato).
Il mito permea i luoghi e li rende più suggestivi.